Lasciarsi per colpa della famiglia (di lui o di lei)


“Ho sposato te, non la tua famiglia”

Quante volte abbiamo sentito dire da alcune donne che il loro compagno è troppo dipendente dalla madre?

Oppure che i genitori di lei si intromettono troppo nel rapporto di coppia, rendendo la vita davvero difficile al marito?

Qualcuno, preso dalla rabbia e dalla frustrazione, potrebbe pensare (e gridare) durante l’ennesima discussione scatenata dalle ingerenze da parte dei familiari del partner: “Ho sposato te, non la tua famiglia!”

La questione non è di poco conto.

Spesso, infatti, l’eccessiva invadenza da parte della famiglia d’origine del partner è alla base di gravi conflitti, che possono condurre a una crisi di coppia e alla successiva rottura del legame.

In questo articolo, cercheremo di spiegarti qual è il ruolo della famiglia d’origine nel formarsi di una coppia e cosa accade quando non si verifica il cosiddetto svincolo, ovvero l’acquisizione di autonomia e indipendenza da parte del figlio/della figlia ormai adulti.

Nell’ultima parte dell’articolo, ti daremo alcuni consigli su come costruire una relazione sana con il tuo partner e le vostre rispettive famiglie, ponendo dei confini tra la coppia e il mondo esterno.

Il ruolo della famiglia d’origine nella formazione della coppia

 La coppia non nasce soltanto dall’incontro tra due persone.

Ciascuno di noi, infatti, porta in sé un vissuto familiare precedente, una particolare eredità fatta anche di difficoltà, conflitti irrisolti e bisogni non soddisfatti.

È questo bagaglio emotivo a influenzare la scelta del partner che, soltanto in apparenza, è libera e casuale.

Come sottolineato in questo articolo su State of Mind, siamo guidati da una sorta di “Love map”.

Quel ragazzo incontrato per caso una sera ti ha colpito perché fa risuonare qualcosa dentro di te. Di fatto, scegliamo un certo compagno o compagna perché corrisponde oppure si pone in contrasto al prototipo di uomo o donna che abbiamo assimilato all’interno della nostra famiglia.

Fin dall’infanzia, inevitabilmente, i nostri genitori fungono da modelli. Per mezzo di loro, apprendiamo degli schemi relazionali che poi applichiamo nella vita adulta, in modo del tutto inconsapevole, riproponendoli nelle nostre relazioni di coppia.

Prendiamo l’esempio di un ragazzo vissuto all’interno di una famiglia di stampo patriarcale, con un padre autoritario, che detta le regole e si dimostra poco affettuoso e una madre che, invece, si sacrifica totalmente per i figli, occupandosi di loro con cura e sollecitudine e dedicandosi alla casa.

È possibile che questo ragazzo, una volta cresciuto, possa sentirsi attratto da un modello di donna e compagna opposto a quello rappresentato dalla madre.

Potrebbe incontrare una ragazza indipendente, emancipata, che desidera realizzarsi facendo carriera e innamorarsene perdutamente, decidendo che è lei quella con cui vuole stare.

Ma potrebbe accadere anche il contrario.

Questo ragazzo, infatti, tenendo fede al mandato familiare, potrebbe ricercare inconsapevolmente una donna remissiva e affettuosa, in linea con il modello femminile che ha introiettato sulla base della propria esperienza con la madre.

Non c’è una regola fissa, ma evidentemente la famiglia d’origine, i nostri genitori o coloro che ne fanno le veci, crescendoci ed educandoci, esercitano una forte influenza sulla vita relazionale futura.

Quando si crea un legame problematico con le proprie figure di riferimento, inoltre, è anche possibile sviluppare delle difficoltà relazionali.

Lo svincolo ovvero diventare individui autonomi

La famiglia in cui nasciamo, dunque, rappresenta il nostro primo nucleo affettivo, il luogo in cui impariamo cosa significhi amare ed essere amati.

Crescere, però, significa diventare degli individui autonomi, in grado di procedere per la propria strada, di trovare il proprio posto nel mondo.

Perché ciò accada occorre che si verifichi quello che chiamiamo “processo di svincolo”, una progressiva acquisizione di indipendenza che comincia a partire dai turbolenti anni dell’adolescenza.

La ribellione adolescenziale che passa attraverso furibonde litigate e silenzi, primi amori e segreti, rappresenta un momento fondamentale nella crescita di ciascuno di noi.

In quel momento, infatti, non più bambini, ma neanche adulti, cominciamo a mettere in discussione l’autorità dei genitori, sperimentiamo, cerchiamo il nuovo, affrontiamo una crisi che ci porterà verso la nostra nuova identità.

Smettiamo i panni e i modi dell’infanzia per avviarci verso l’età adulta.

La fase di svincolo dalla famiglia può dirsi conclusa intorno ai trent’anni, quando si esce dalla casa dei genitori per andare a vivere da soli o in coppia, per costruirsi la propria famiglia.

Non stiamo parlando, però, di una separazione o di allontanamento puramente fisico.

Lo svincolo dalla famiglia d’origine è, prima di tutto, un processo interiore che prevede il completamento del processo evolutivo di individuazione/differenziazione oltre che lo spostamento degli investimenti affettivi dal nucleo originario verso l’esterno, verso il mondo.

Non sempre tutto questo avviene in maniera semplice e lineare.

Talvolta, ci si trova in seria difficoltà ad allontanarsi dalle proprie figure di riferimento, ritagliandosi uno spazio tutto proprio.

Una famiglia con confini molto rigidi verso l’esterno e che presenta un invischiamento tra i membri può rappresentare un serio ostacolo al buon esito del processo di svincolo.

All’interno di gruppi del genere, emanciparsi è una vera sfida.

Se i genitori non sono in grado di bilanciare senso di protezione e spinta all’autonomia, i figli ne risentono, non riuscendo a sviluppare una solida autostima e un buon grado di indipendenza.

Ciò naturalmente non significa che una volta grande non se ne andrà mai di casa.

Ma che l’ombra dei suoi genitori lo seguirà sempre e graverà come un macigno sulle relazioni che riuscirà a costruire, minacciandone la stabilità.

Mancato svincolo e crisi di coppia

Il mancato svincolo dalla famiglia d’origine, infatti, ha conseguenze nefaste sul sano sviluppo emotivo della persona.

Ma è anche un fattore di rischio per le crisi di coppia.

Quando non si riesce ad allentare quel legame, c’è il forte rischio che le proprie scelte e il proprio modo di agire vengano fortemente condizionati dall’opinione, dai miti presenti all’interno del gruppo d’origine.

Ciò significa che saranno quelle credenze introiettate a guidare nella scelta del partner e del tipo di relazione che si vuole avere, cioè quello che viene reputato consono dalla famiglia d’origine.

La principale conseguenza è che tenderai a trascurare i tuoi bisogni nel tentativo di soddisfare quelli di qualcun altro, finendo con il vivere un rapporto che non ti soddisfa, che non ti dà gioia né appagamento poiché non è ciò che desideri davvero nel profondo, quello di cui hai bisogno.

Ma è possibile anche che si verifichi l’opposto cioè che il desiderio di ribellarti a una famiglia che ti soffoca o che cerca di trattenerti ti spinga nella direzione di una scelta contraria a quella dettata dal mandato familiare.

Una relazione che si basa su presupposti di questo genere, però, è destinata a fallire.

C’è poi il caso che abbiamo visto all’inizio di questo articolo: quello in cui i genitori di uno dei membri della coppia non riesce ad accettare che il figlio cresca e lasci il nido.

Questo mancato svincolo può essere legato a situazioni diverse.

Magari, stiamo parlando di una famiglia in cui ci sono contrasti perenni tra i genitori, litigi continui che impedirebbero alla coppia di stare in piedi se non ci fosse un figlio nel mezzo. Oppure uno dei genitori non c’è più o è affetto da una grave malattia e, di conseguenza, il figlio si sente in dovere di rimanere accanto al padre o alla madre per sostenerlo e aiutarlo, sopperendo a quella mancanza, andando a colmare dei vuoti.

Quelle di cui stiamo parlando sono dinamiche molto complesse, che possono mettere a dura prova una coppia, sottoposto a pressioni e intrusioni che possono farla collassare.

Gestire le famiglie d’origine e tutelare la coppia

Imparare a gestire le proprie famiglie d’origine è forse uno dei compiti più complessi per una coppia che si è appena formata e intende portare avanti un progetto di vita comune.

L’equilibrio è la chiave di un rapporto che funziona.

Ma per trovarlo, occorre sviluppare alcune abilità e mettere in atto delle strategie che cementino la coppia, rendendola più solida e capace di affrontare momenti di difficoltà e crisi.

Innanzitutto, è bene che entrambi i partner siano consapevoli di sé e della propria storia familiare, del bagaglio che portano con sé entrando in un una relazione. Ciascuno di noi, infatti, nel legame con l’altro porta con sé dei bisogni che non ha risolto nella propria storia di sviluppo, nella propria esperienza familiare.

Conoscere questi elementi, aiuta molto.

Occorre poi lavorare sulla comunicazione. Aprirsi all’altro è difficile, ci fa sentire esposti, deboli. Ma serve a comprendere e lasciarci comprendere, imparando a dire di no, a segnare dei limiti.

Proprio i confini rappresentano un elemento fondamentale in questo discorso. Tracciare un confine non significa tagliare fuori l’altro, interrompere un rapporto. Vuol dire, piuttosto, porre la giusta distanza per proteggere il proprio spazio personale, limitando l’influenza della propria e altrui famiglia d’origine.

Naturalmente, intraprendere un percorso insieme può essere di grande aiuto. Che si tratti di terapia individuale, terapia di coppia o familiare, questo tipo di intervento si pone come strumento di riscoperta di sé e dell’altro.