Gestire un percorso di psicoterapia con un adolescente non è per nulla facile, nella maggior parte dei casi. Al disagio psicologico si aggiunge spesso, in queste ipotesi, una chiusura da parte dell’adolescente che non facilita per nulla lo strumento privilegiato della psicoterapia, vale a dire il dialogo ed il colloquio. Si tratta di una fase molto diffusa, specialmente all’inizio del percorso, nella maggior parte dei casi destinata a sciogliersi man mano che si approfondisce il rapporto con l’adolescente riluttante.
Tuttavia si tratta di una realtà abbastanza complessa da gestire, e molti esperti a riguardo ritengono che la cosa migliore da fare sia coinvolgere l’adolescente senza la famiglia, perché questo servirebbe a farlo sentire più a suo agio e di conseguenza sereno e disposto ad aprirsi. Alcune recenti ricerche invece dimostrano che se il primo incontro del giovane avviene assieme al nucleo familiare, il giovane dopo l’impatto iniziale risulta più collaborativo e più disposto al dialogo. In un certo senso, coinvolgere anche la famiglia all’interno dell’incontro con il giovane è come responsabilizzare anche la figura genitoriale all’interno di un percorso che, volenti o nolenti, non coinvolge solamente il giovane ma tutta la famiglia nel suo complesso.
Capita spesso infatti che i genitori, spaventati dal disagio e dal cambiamento del figlio adolescente, non sappiano come gestire la situazione e tendino a delegare la gestione del giovane al professionista. Il lavoro dell’esperto però è solamente una goccia nel mare, all’interno di un contesto che è quello familiare dove bisogna cercare di ‘battere il ferro’ del giovane fino a che è caldo. La famiglia, insomma, non può e non deve delegare questo compito al solo professionista, che vede il giovane per un numero limitato di ore.
Coinvolgere i genitori è il primo passo, farlo durante il primo colloquio con il professionista può essere un modo per cercare di sfruttare al meglio quella che può essere una risorsa preziosa. Infatti la presenza della famiglia al primo incontro con il professionista è uno strumento utile per ‘potenziare’ la figura dei genitori che molto spesso è invece ingiustamente sottovalutata. Farli partecipare ad una seduta conoscitiva serve anche per cercare di rafforzare il legame genitoriale e familiare che è di fondamentale importanza per garantire un sostegno anche al giovane all’interno del suo percorso. L’adolescente reticente è difficile da trattare e la figura dei genitori al primo incontro di psicoterapia consente di far sentire meno solo il ragazzo di fronte ad un’esperienza nuova e per certi versi anche potenzialmente traumatica.
I vantaggi di un incontro con la famiglia
Far incontrare il giovane con l’esperto assieme ai familiari può essere vantaggioso sotto diversi punti di vista. In questo modo, innanzitutto, aumentano le possibilità che il giovane si rechi al primo appuntamento di psicoterapia, e che non diserti l’incontro. L’incontro assieme alla famiglia può essere coinvolgente dal punto di vista emotivo e può aiutare l’intero nucleo familiare, inoltre aiuta a contrastare l’atteggiamento ribelle e ostile del giovane.
Non bisogna sottovalutare che l’adolescente ribelle spesso ha un rapporto conflittuale o carente coi genitori, partecipare assieme alla sessione di psicoterapia può essere un primo passo verso la conciliazione e facilitare l’apertura reciproca, il dialogo ed il rapporto.
In questo modo la stessa famiglia si sente coinvolta più intimamente nel rapporto col figlio e può avere dal professionista le chiavi di lettura ideali del comportamento dell’adolescente, venendo coinvolta in prima persona nel trattamento del ragazzo e di conseguenza sentendosi partecipe e coinvolta anche all’interno del percorso di psicoterapia che inizia nello studio del professionista, ma che ha bisogno del sostegno di tutta la famiglia per proseguire.
Si ringrazia la Dottoressa Maria Vittoria Montano Psicologa e Psicoterapeuta con studio a Pescara e Giulianova per la collaborazione alla redazione dell’articolo.